Lo stucco Veneziano
Già al tempo della Repubblica di Venezia - XI-XVII sec. - gli architetti erano consapevoli dell' importanza della durabilità degli edifici in un ambiente ostile come quello presente a Venezia a causa della permanente umidità dell'aria e della risalita capillare dell'acqua di mare dalle fondazioni. Lo stucco veneziano, in particolare, è un mirabile esempio della cura nello scegliere materiali e tecniche applicative per ottenere un manufatto durabile, ma allo stesso tempo di elevato pregio artistico. Questo speciale tipo d' intonaco veniva utilizzato per decorare muri e soffitti degli edifici, impreziosito dalla particolare finitura superficiale oltre che da pitture, da fregi in basso ed alto rilievo se non da vere e proprie sculture.
Dosaggi in volume [tra parentesi accanto ad ogni ingrediente] utilizzati per ogni strato dell'originale stucco veneziano.
La tecnica dello stucco veneziano prevedeva la sovrapposizione di sei strati [Fig.1] caratterizzati dalla miscela base di acqua e calce spenta con inerte fine costituito da sabbia e cocciopesto, per i primi 20 mm dei tre strati interni, oppure da polvere di marmo [CaCO3], per i successivi 5 mm dei tre strati superficiali. La presa e l’ indurimento della malta venivano assicurati dalla carbonatazione all’ aria della calce, cioè dalla trasformazione del Ca[OH]2 in CaCO3 a seguito della reazione con l’ anidride carbonica [CO2] presente nell’ aria. Da un punto di vista estetico, lo specifico ruolo giuocato dalla polvere di marmo - ricavata dalla frantumazione della pietra d’ Istria - era quello di dare alla matrice un colore bianco facilmente colorabile utilizzando pigmenti minerali. La particolare tecnica di lucidatura superficiale conferiva poi all’ intonaco l’aspetto di una pietra di marmo, come indica, appunto, il nome "marmorino" attribuito ai tre strati superficiali dello stucco così trattato. Anche dal punto di vista microstrutturale, lo strato superficiale del marmorino simulava perfettamente una pietra di marmo grazie alla fondamentale presenza del carbonato di calcio proveniente sia dalla carbonatazione della calce sia dalla polvere di marmo stessa.
Oltre ai componenti base sopradescritti, venivano impiegate, però, anche delle aggiunte minerali per conferire alla superficie suggestivi effetti cromatici, per modificare i tempi di presa delle malte o per incrementare la loro durabilità. Queste aggiunte minerali comprendevano pigmenti, pozzolana, gesso.
I pigmenti minerali, derivanti da terreni naturali colorati o da vetro macinato artificialmente, erano utilizzati nella miscela dello strato superficiale oppure, in forma di pittura liquida, per decorare la superficie dello stucco fresco o asciutto: nel caso di pittura a fresco i pigmenti venivano dispersi in un’ emulsione di acqua e sapone, nella pittura dello stucco asciutto, in olio di trementina.
La pozzolana naturale [importata dall’ isola greca di Santorini] o, più spesso, artificiale - cocciopesto - veniva sempre introdotta negli strati interni per favorire la formazione di un materiale capace di resistere all’ attacco dell’ acqua di mare in risalita capillare.
Il gesso [in forma di solfato di calcio emiidrato] fungeva da accelerante di presa e di indurimento, specialmente nella produzione dello stuccoforte per decori in alto-rilievo e veniva impiegato in misura di qualche manciata per secchio di malta.
Lo strato superficiale era caratterizzato, inoltre, da un’ulteriore aggiunta di sostanze naturali.
L’ olio di lino crudo veniva impiegato sia per incrementare la plasticità della miscela e per prolungare il tempo di presa, sia per diminuire la porosità aperta della superficie, riducendo così il rischio di fessurazione per ritiro igrometrico.
Un trattamento superficiale con una miscela di acqua, calce e sapone conferiva al marmorino la sua caratteristica di impermeabilità senza, però, impedire la rapida diffusione di vapore dall’ interno della muratura verso l’esterno [un analogo risultato può essere ottenuto oggi con l’impiego dei silani].
La lucidatura finale con cere vegetali o animali diluite in trementina, permetteva di ottenere una maggiore brillantezza dei colori attraverso il sottile strato di cera, così come accade in una naturale pietra di marmo lucidata.
La tecnica dello stucco veneziano consentiva, quindi, di ottenere un prodotto finale di elevato valore artistico grazie all' irregolarità, alla versatilità e alla lucentezza dei decori; d’altra parte, l’ elevata resistenza ed impermeabilità all’acqua proveniente dall’esterno, accompagnate da una buona diffusione del vapore derivante dall’acqua di risalita capillare, garantivano la durabilità del manufatto.
Lo stucco in gesso
La necessità di una manodopera altamente specializzata ed i lunghi tempi di esecuzione dello stucco veneziano, portarono, intorno al XIX secolo, allo sviluppo di tecniche di stucco più economiche, specialmente in Gran Bretagna dove la richiesta di stucco decorato per interni veniva essenzialmente dalla classe media.
Il gesso - che prima veniva impiegato eccezionalmente a Venezia, solo in piccole quantità, come additivo accelerante per lo stuccoforte - finì per sostituire completamente la calce come legante, così da consentire l’esecuzione, in un unico strato, di uno stucco a presa ed indurimento rapidi anche in assenza d’aria. Se da un lato veniva accresciuta la permeabilità del materiale al vapore, dall’altro, però, l’elevata porosità del gesso e la sua solubilità in acqua rendevano l’ intonaco particolarmente vulnerabile agli ambienti umidi.
L’ impiego del gesso in Gran Bretagna si diffuse soprattutto nella manifattura di fregi e decori realizzati per colatura di gesso ed acqua in stampi metallici. La sostituzione della laboriosa tecnica di decoro e lucidatura dello stucco veneziano con ornamenti prodotti con stampi su scala industriale, permise, ovviamente, di ridurre il costo di manodopera, ma determinò un evidente decadimento artistico del manufatto, svilito dalla presenza di materiali opachi e di ornamenti ripetitivi. Anche il successivo sviluppo di un trattamento superficiale con colle naturali nel cosiddetto pastellone o spatolato, non può essere comparato con l’originale stucco veneziano in termini sia di durabilità che di aspetto estetico.
Lo stucco moderno
Il componente principale dello stucco moderno è un’ emulsione acqua-polimero sotto forma di lattice premiscelato industrialmente con pigmenti colorati, calce o gesso oppure mescolato in sito con pigmenti colorati e cemento portland bianco.
Lo stucco così preparato risulta di facile applicazione in un unico strato, presenta un’eccellente aderenza ad ogni tipo di substrato, possiede una resistenza all’ acqua più alta dello stucco veneziano. Tra le caratteristiche negative si devono, però, mettere in conto possibili fenomeni di distacco causati da espansioni termiche differenti dal substrato, ma soprattutto una scarsa diffusione del vapore - dall’ interno della muratura verso l’esterno - che rende questo tipo di materiale inutilizzabile come stucco per muri con problemi di umidità come quelli di Venezia.
Per chi desideri approfondire l’argomento si consiglia la lettura del testo di M. Fogliata e M.L. Sartor, "L’Arte dello Stucco a Venezia", Edilstampa, Roma, 1995.
Nota: By: Enco Srl
Autore: Silvia Collepardi